Marco Martella, Tornare al giardino
Ca' delle Rose nasce da una coincidenza, la scoperta di un libro antico e l’immediata visione dell’opera, una casa da restaurare e un giardino da rianimare. Ca' delle Rose rinasce per essere luogo dell’abitare e della creazione, centro della ricerca e della scoperta; trae suo principio dallo studio scrupoloso e dall'innata creatività ed immediato entusiasmo "dopo che un antico volume della biblioteca di famiglia mi ha sottovoce richiamato a sè con insistenza. Sono state proprio le rose ad ispirarmi e quindi, accompagnata nel mio percorso da persone straordinarie, ho potuto portare a compimento questo tutto" come scrive l'autrice. Ed ecco dunque che il libro La Grazia Delle Rose prende vita con il giardino roseto di Ca' delle Rose. Il giardino diviene il luogo primigenio in cui tutto è possibile, “luogo della crescita, della coltivazione e della maturazione dei fenomeni interiori della vita” come scrive l’Aeppli. È luogo d’incanto e di meraviglia dove restare sospesi non troppo lontani dal sogno.
Il giardino BioDinamico di Ca' delle Rose si sviluppa essenzialmente in due parti: entrando ci s’incammina lungo la passeggiata di rose formata da venticinque archi ricoperti da rose antiche, rampicanti e Ramblers, e da questa si accede al pomario ed al roseto spontaneo che muta ad ogni stagione.
Nel giardino dimorano le varietà di Rose Antiche che sembrano abbracciarsi, ricadendo l’una sull’altra e manifestandosi, di anno in anno, con inusitate modalità. Il periodo di fioritura di ogni pianta è più breve di quello degli ibridi dei vivai, ma la profusione di colori e profumi fa nascere nell’animo dell’appassionato visitatore la dimensione di un altro tempo, di stupore e di grazia, di partecipazione e di sensibilità. Avanzando lungo il roseto, si scoprono pian piano le piante vivaci d'accompagnamento: le varietà odorose dei Gerani odorosi, le Erbe aromatiche e le officinali, le erbacee perenni ed i giovani alberi autoctoni ornati dai lunghi sarmenti di rosa. Proseguendo nel breve cammino si giunge al giardino intimo, più segreto, composto da quattro aiuole bordate dal bosso…e con il suo centro. Qui si è invitati alla sosta, a fermare i propri passi per riflettere, osservare, semplicemente pensare o abbandonarsi.
Ca' delle Rose è un giardino BioDinamico, un giardino che con misura e attenzione custodisce la Vita.
La multilateralità e l’armonia quasi perfetta dei cicli all’interno di un’area sono le caratteristiche di un ecosistema naturale stabilite. (R. Steiner)
L’agricoltura biodinamica applicata in tutto il mondo dal 1924 parte dal fondamento che l’azienda agricola è un vero e proprio organismo vivente a ciclo chiuso, inserito nel più grande organismo vivente cosmico, alle cui influenze soggiace. Non possiamo solo guardare le piante, gli animali e gli uomini. La vita proviene da tutto l'universo, non solo da quella che la terra ci offre. La natura è tutt'uno e le forze fluiscono da tutte le parti. Solo chi ha la mente esperta per l'operare di molteplici reciproche forze può capire la natura. Il principio fondamentale della biodinamica è attivare la vita nella terra in modo che le sostanze presenti nella terra possono essere liberate e assimilate dalle piante nella misura necessaria.
Coltivazione biodinamica, due parole che implicano tutto un modo di vivere, osservare e lavorare la terra. Il suo scopo non è di lasciar fare alla natura ma di fare oltre la natura, cioè di aiutare la natura per ottenere una terra sempre più fertile, della quale possano beneficiare anche le generazioni future, e alimenti vivi di qualità piena che nutrano l'uomo e gli diano salute.
Ca' delle Rose ha dimensioni raccolte e, nell’unicità della sua essenza, accoglie le sue piante nel rispetto delle loro peculiarità offrendo ad ognuna di esse la possibilità d’esprimersi in modo spontaneo. Qui nulla costringe, qui nulla soffoca, qui nulla esaspera.
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Una vitalità spontanea deborda dalle piante nutrite con l’humus di lombrico per i primi tre anni e poi accompagnate nella loro crescita da tanta attenzione e da tanta passione. Qui la malattia delle piante è occasionale quanto naturale ed è nel suo decorso che giunge a guarigione senza alcun trattamento chimico, nonostante l'alta percentuale d’umidità della zona e la presenza di colture intensive limitrofe. La terra, elemento primario della costituzione del giardino, suo essenziale patrimonio, è curata con energia istintiva ed una premurosa operosità. Dalla sua qualità e dalla sua salute dipendono la crescita, la fioritura, la durata di tutte le piante…e delle rose. Un terreno in buone condizioni pullula di presenze.
Tra le sue sostanze nutritive e le radici c’è una specie di ponte vivente di batteri, funghi, vermi ed altri piccoli animali. Questi organismi, appena visibili ad occhio nudo, vivono seguendo il loro ciclo biologico creando un sistema dinamico che dona alla terra ossigeno e nutrimento e l'humus di lombricoltura utilizzato a Ca' delle Rose è l’unico segreto di un suolo che vuole consegnarsi ricco e fertile.
Le rose qui crescono in pace come in antichi chiostri Benedettini, dove all’inizio d’ogni coltura una pianta di rosa vegliava alla salute delle altre piante e dove un forte e coraggioso arbusto di biancospino assorbiva generosamente ogni malanno per lasciare prosperare gli altri vegetali più delicati.
La natura non conosce indugi, si rigenera e si trasforma ogni giorno, ogni ora, ogni notte.
Risultato di un paziente ed ostinato lavoro, Ca' delle Rose evolve e muta nell’imperituro susseguirsi delle stagioni. L’Autunno arriva portando con sé le bacche vermiglie e qualche fioritura tardiva. Ancora qualche giorno e poi l’Inverno silente avvolgerà ogni cosa nelle sue nebbie. Durante l’inverno le piante riposano, trovano il tempo di rigenerarsi e nell’attesa si spogliano. L’attesa dona maggiore gioia e meraviglia allo sbocciare delle nuove foglioline, ai primi tocchi teneri dei boccioli che si scoprono a primavera. Durante il mese di maggio vi è l’apoteosi del loro fiorire.
La terra qui ha sviluppato una vita interna che percepisce, gusta, digerisce e nutre ed io la riscopro ogni qualvolta introduco la vanga nel terreno ed ascolto la voce di rosa. Pianto, poto, irroro, concimo, rinnovo. Imparo …così la terra di questo luogo si è vivificata e rigenerata ed ha conquistato vita propria. Oggi il giardino è divenuto adulto e si manifesta con inattesa autonomia esuberante; i giovani alberi si sono sviluppati in tutta la loro imponenza ed i rosai producono lunghi sarmenti alla ricerca della luce ove trovano respiro e calore …quasi a voler sedurre il sole e fiorire al cielo.
Il profumo d’incenso e di muschio delle foglie ed i colori dei fragranti petali delle rose selvatiche, delle Alba e delle Centifolia, delle Hybridés Remontant e delle Tè, delle Bourbon e delle Gallica, delle Muscosa e delle Rugosa, sono l’ornamento di questo giardino coltivato in semplicità.
La passione e la tenacia del credere sono gli elementi che compongono l’essere e il divenire di Ca' delle Rose.
Oggi il giardino è divenuto adulto e si manifesta con inattesa autonomia esuberante; i giovani alberi si sono sviluppati in tutta la loro imponenza ed i rosai producono lunghi sarmenti alla ricerca della luce ove trovano respiro e calore …quasi a voler sedurre il sole e fiorire al cielo.
Ca' delle Rose è parte integrante dell'antico borgo di Gorgo, piccola oasi verde, sublime spazio silenzioso che racchiude, come in uno scrigno, anche la Chiesa medievale di S. Cristina, con le sue testimonianze di periodo romano. Questa terra, ghiaiosa e dura da lavorare, con la sua acqua invisibile e silenziosa, con i suoi colori crepuscolari, custodisce insita nelle sue viscere tutta la forza rigenerante dell’acqua, del suo moto incessante da cui deriva il suo nome. L’energia circola creando un insieme unico e suggestivo dove tra profumi e colori, fiori e uccelli, lucciole e api, libellule e farfalle, si è creato un equilibrio che traspare visibile a chiunque abbia il desiderio d’oltrepassare i cancelli di quest’angolo incantato.
Questo prezioso Giardino Roseto privato è coltivato nel rispetto dei principi della BioDinamica e nato dalla passione e dal lavoro della sua proprietaria, e sorge raccolto tra vestigia antiche della terra del Nievo che qui trasse spunto per i suoi celebri scritti ed è immerso in quella campagna prossima alla laguna tanto cara ad Ernest Hemingway.
Ca' delle Rose è nei luoghi decantati da Ippolito Nievo.
Garibaldino e poeta, autore de Le Confessioni di un Italiano, Ippolito Nievo ebbe una brevissima ed intensa vita segnata da fantasia e fatti concreti bruciati in un veloce arco di tempo, dal 1831 al 1861. Trent’anni dunque di vita e per sfondo l’appassionato scenario del Risorgimento, i moti politici, la guerra del ’59, l’impresa dei Mille. Una vita intensa, colma, febbrile, che corrispondeva al carattere volitivo e liberale del Nievo, ora corrucciato e ora zampillante d’arguzia e di giocondità, sempre mosso e pieno di succhi vivi e d’ideali tormenti.
Io nacqui veneziano ai 18 ottobre del 1775, giorno dell’Evangelista san Luca, e morrò, per la grazia di Dio, italiano quando lo vorrà la Provvidenza che governa misteriosamente il mondo. Ecco la morale della mia vita. Nel suo capolavoro dove abbondano la vita e la poesia Il Castello di Fratta - come sopra descritto nei versi del Nievo - è la prima parte de Le Confessioni di un Italiano: la sua regione davvero miracolosa, il rustico giardino dei suoi incanti …mondo dell’aria libera e delle piante, perfino nel gran tempio della natura,…
La schietta arte del Nievo spazia qui felicissima e genuina ed ha l’incanto delle più belle pagine che sia possibile rintracciare - fra i miei fievoli ricordi di studente e la più consapevole lettura della maturità - tra i pochi grandi romanzi della letteratura italiana e certamente unico per la descrizione vera e sentita di tutto ciò che i suoi occhi potevano immaginare ed il suo cuore percepire dai molteplici racconti narratigli dalla nonna materna, nobildonna friulana. Nievo lavorava sul “vivo” e questa materia viva era di cose e persone ma era anche piena dell’umor dei tempi, dei costumi, della società, della storia. Tutta la prima parte de Le Confessioni, che è poi questo castello, bada a pitturare il quadro di un piccolo mondo feudale settecentesco che s’abbandona a vivere nel castello di Fratta, difeso da un ponte levatoio. E questo piccolo mondo ha per epicentro la cucina, la grande cucina di Fratta, immensa e misteriosa, che pare sopravviva perché sopravvive, rigida nel suo seggiolone, spadino e speroni, la figura autoritaria e formalistica del conte Fratta …quando avea finito di parlare, tutti dicevano di sì secondo i propri gusti o con la voce o col capo; quando egli rideva, ognuno si affrettava a ridere; quando starnutiva anche per causa del tabacco, otto o nove voci gridavano a gara: viva, salute, felicità, Dio conservi il signor conte!
Ed ancora proseguendo nelle pagine La prima volta ch’io uscii dalla cucina di Fratta a spaziare nel mondo, questo mi parve bello fuor d’ogni misura. I confronti son sempre odiosi; ma io non potei allora ralasciare di farne, se non col cervello, almeno cogli occhi; e deggio anche confessare che, tra la cucina di Fratta ed il mondo, io non esitai un momento nel dar la palma a quest’ultimo. Primo punto, natura vuole che si anteponga la luce alle tenebre, e il sole del cielo a qualunque fiamma di camino; in secondo luogo, in quel mondo d’erbe, di fiori, di salti e di capitomboli dove mettevo piede, …. Con la Pisana si cominciò ad allargarci fuori delle vicinanze del castello, e a prender pratica delle strade, dei sentieri e dei luoghi più discosti. Le praterie vallive dove s’erano aggirati i primi viaggi, declinavano a ponente verso una bella corrente d’acqua che serpeggiava nella pianura qua e là, sotto grandi ombre di pioppi, d’ontani e di salici, come una forosetta che abbia tempo da perdere o poca voglia di lavorare. Là sotto canticchiava sempre un perpetuo cinguettio d’augelletti; l’erba vi germinava fitta ed altissima come il tappeto nel più segreto gabinetto d’una signora. Vi si avvolgevano fronzuti andirivieni di macchie spinose e di arbusti profumati, e parevano preparare i più opachi ricoveri e i sedili più morbidi ai trastulli dell’innocenza o ai colloqui d’amore. Il mormorío dell’acqua rendeva armonico il silenzio, o raddoppiava l’incanto delle nostre voci fresche ed argentine. Quando sedevamo sulla zolla più verde e rigonfia, il verde ramarro fuggiva sull’orlo della siepe vicina, e di là si volgeva a guardarci,…
Capitolo Terzo